Tasse ed investimenti. Perché gli Etfs sono più efficienti dei fondi comuni di investimento?

Tra le caratteristiche spesso ricordate degli etfs c’è anche una maggiore efficienza fiscale rispetto ad altri prodotti finanziari come, ad esempio, i fondi comuni di investimento. Perché un etf è fiscalmente più efficiente di un fondo?

Se avete avuto modo di visionare la nostra guida di base agli ETFs non vi saranno sfuggiti due aspetti fondamentali di questo strumento. Il primo aspetto è legato alla sua “filosofia” di investimento ossia l’essere uno strumento prevalentemente a gestione passiva. Il secondo aspetto riguarda la modalità con la quale si entra e si esce da un etf. Entrambe questi aspetti hanno una loro incidenza sul “peso” delle tasse sul nostro investimento e sono la causa della maggiore efficienza di un Etf rispetto ad un fondo comune di investimento. Analizziamole nel dettaglio.

 

GESTIONE PASSIVA E CAPITAL GAIN

Gli ETFs nascono come strumenti di replica di un determinato paniere di attività finanziarie, questo li denota – come abbiamo avuto già modo di ricordare – come strumenti a gestione passiva. Una gestione passiva implica una bassa turnazione dei titoli nel paniere, un indice varia la sua composizione poche volte nel corso di un anno. Bassi tassi di turnover dei titoli comportano meno possibilità di incorrere in quello che viene comunemente chiamato “capital gain” ossia il vendere un titolo ad un valore più alto rispetto a quello al quale lo si era acquistato. Il capital gain è soggetto a tassazione e di conseguenza meno capital gain equivale a minore tassazione da addebitare alle quote di ETFs.

 

ETFS. UNA STRUTTURA MODULARE DI ENTRATA ED USCITA

Questo aspetto è sicuramente il più peculiare degli ETFs ed è il motivo principale della maggiore efficienza fiscale di questi strumenti rispetto ai fondi comuni di investimento.

Tutto riguarda l’entrata e l’uscita da un etf e da un fondo comune. Partiamo da qeust’ultimo. Quando si decide di investire in un fondo comune si acquistano delle quote, queste quote confluiscono nel patrimonio del fondo e saranno poi reinvestite in attività finanziarie (azioni, obbligazioni, etc..). Nel momento in cui un risparmiatore decide di uscire da un fondo comune di investimento, verrà effettuata una operazione di dismissione di una parte del patrimonio del fondo pari alle quote che il risparmiatore vuole vendere. Trattandosi di un capitale indistinto, le spese di dismissione di queste quote saranno in capo al fondo, a tutti i possessori di quote e non solo all’investitore che ha deciso di vendere. Le tasse (capital gain) sui vari strumenti disinvestiti verranno quindi ripartite e pagate da tutti.

Passiamo agli ETFs. Sappiamo che quando si decide di acquistare un etf si acquista una quota emessa da un AP e generata dallo stesso AP andando ad acquistare e a depositare un corrispondente paniere di titoli ed azioni. Quando il nostro risparmiatore deciderà di disinvestire andrà a vendere sul mercato la sua quota e non sarà necessario dismettere anche i titoli acquistati creando quella quota. Questo perché quotazione dell’ETF e titoli presenti nel paniere viaggiano su due mercati differenti. In termini fiscali questo significa che la vendita di un etf non comporta un onere fiscale a capo della collettività di investitori in quello strumento ma solo a capo di chi ha disinvestito. Ecco il grande beneficio fiscale che rende questi strumenti notevolmente più efficienti rispetto ad un fondo comune di investimento.