Rischio e rendimento. Un evergreen salvavita

Ci sono dei concetti che fanno parte della nostra vita in maniera profonda e che applichiamo regolarmente poiché sono in grado di salvarci la vita. Banalmente possiamo ricordare che tutti noi sappiamo che il fuoco brucia ed a nessuno di noi verrebbe in mente di allungare la mano sopra il barbecue. Si tratta appunto di banalità poiché le diamo per scontate. In finanza vi sono banalità altrettanto scontate che però non vengono percepite come tali e generano scottature molto profonde. La relazione tra rischio e rendimento è tra queste.

Se tutti noi avessimo chiari i concetti di rischio e di rendimento finanziario e fosse altrettanto chiara la relazione che c’è tra di loro, forse molti dei disastri a cui la cronaca ci ha abituati negli ultimi tempi avrebbero avuto impatti molto meno rilevanti.

La finanza non è come la legge, l’ignoranza non può essere punita e dovrebbe essere obbligo delle istituzioni e dei soggetti coinvolti quello di informare e verificare che la conoscenza di questi concetti di base sia patrimonio di tutti i risparmiatori. Purtroppo sappiamo che le cose non vanno in questo modo.

Cos’è il rischio? Potremmo dire che il rischio è una probabilità ed esattamente la probabilità che qualcosa vada storto. Se parliamo di strumenti finanziari quel qualcosa che va storto si chiama perdita. Ogni strumento finanziario, ogni prodotto che acquistiamo ha al suo interno un rischio. Può essere un rischio irrilevante (una probabilità bassa) od un rischio consistente (una probabilità alta). L’intensità del rischio dipende dalla tipologia di strumento che acquistiamo.

Se compro un BUND (un titolo di stato tedesco) il rischio che mi assumo è quello di non ricevere le cedole o, al peggio, di non vedermi restituito in tutto od in parte il capitale dato in prestito al governo di Berlino. Tutto al mondo può succedere, perfino che la Germania vada in default ma, come potete ben capire, si tratta di un rischio molto basso (con una bassa probabilità di capitare).

Se acquistassi delle ipotetiche azioni di ATAC (la società dei rasporti di Roma) mi assumerei il rischio di perdere in tutto od in parte il capitale che ho investito nel caso in cui la società fallisca. Leggendo i giornali e sapendo dei buchi di bilancio presenti in questa società è ovvio che mi sto prendendo un rischio piuttosto alto, ossia una alta probabilità che qualcosa vada storto e che il mio capitale si polverizzi.

Ma come riconoscere il rischio? Come faccio a capire se un’attività è rischiosa o no? Il metodo è più semplice di quanto si possa pensare. Quando noi investiamo, ossia cediamo il nostro denaro, lo facciamo in cambio di qualcosa (una cedola, la possibiità che il valore dell’azione aumenti). La quantificazione di quanto riceviamo è sostanzialmente il costo del rischio che ci assumiamo ed è, in una parola, il rendimento.

Quindi il rendimento non è altro che la remunerazione del rischio presente nell’acquisto di una attività finanziaria. La relazione tra queste due entità ora è presto detta: più alto è il rischio e più alto sarà il rendimento.

Manca solo un passaggio per poter valutare correttamente se un’attività è più o meno rischiosa: il parametro di riferimento ossia il tasso free risk.

Si tratta di un tasso di rendimento che remunera un rischio prossimo allo zero e che viene comunemente identificato con il rendimento di titoli di stato considerati inattaccabili come ad esempio il Bund Tedesco od i T-Bond statunitensi. Lo spread (la differenza) tra il rendimento free risk ed il rendimento dell’attività finanziaria che stiamo analizzando ci dice esattamente quanto rischio è presente in essa.

Conoscere questi concetti è sicuramente il primo passo ma non basta. Capire quanto rischio posso assumermi è altrettanto cruciale.